Colombi urbani: un serbatoio di ceppi zoonotici di Salmonella Enteritidis?
I ricercatori dell’Università di Ghent hanno isolato Salmonella Enteritidis fagotipo 4 (PT4), un pericoloso patogeno umano, da una popolazione di colombi urbani presenti nella città di Bruxelles.
Le infezioni da Salmonella enterica nei piccioni sono generalmente associate a ceppi adattati su piccioni di sierotipo Typhimurium che sono di lieve preoccupazione per la salute pubblica. Un’alta prevalenza di 33% di Salmonella Enteritidis in Bruxelles, combinata con una densa popolazione di piccioni, suggerisce che i colombi selvatici potrebbero costituire un serbatoio significativo ma nascosto per contrarre la salmonellosi nell’ambiente urbano.
Gli spostamenti delle mosche e le strategie di controllo
La mosca domestica è una specie ubiquitaria diffusa in tutto il mondo, strettamente legata alle attività e agli insediamenti umani. Le mosche sono attratte da rifiuti organici e con alte temperature il loro ciclo è notevolmente accelerato; a 35 °C bastano circa 10 giorni per lo sviluppo di un’intera generazione, pertanto la capacità di infestare un determinato ambiente è elevata. La mosca domestica si sviluppa in substrati organici in decomposizione siano essi di natura animale o vegetale. È diffusa sia nelle aree rurali sia in quelle urbane. Nelle aree rurali le larve si sviluppano nel letame (di mammiferi o di uccelli) mentre nelle città e nelle aree periurbane sono i rifiuti domestici, da attività commerciali (negozi, mercati) e da attività agroindustriali, a ospitare la maggior parte delle infestazioni. Gli adulti sono in grado di disperdersi sul territorio per 400-1500 metri e di percorrere più o meno attivamente distanze fino a 9 km. La gestione delle mosche, così come di altri insetti in grado di spostarsi su lunghe distanze, è un problema che deve essere affrontato a livello di comprensorio. Infatti in questi casi è praticamente impossibile eliminare la presenza di un infestante se non si elimina il focolaio di riproduzione e sviluppo. Una singola unità abitativa o azienda che effettua una gestione attenta di tutte le aree che possono attirare le mosche, non avrà grossi problemi al suo interno, ma se nelle vicinanze sono presenti situazioni in cui il controllo delle mosche non viene effettuato con altrettanto scrupolo esiste un elevato rischio di infestazione dall’esterno. I motivi che attirano le mosche sono principalmente due: la presenza di alimenti e, nei periodi più freddi, la ricerca di temperature più elevate. Se le aree esterne sono state gestite con attenzione e non vi sono alimenti o rifiuti che fungono da attrattivo, la loro presenza sarà limitata a qualche individuo. In caso contrario può verificarsi una vera infestazione con presenza di adulti che possono contaminare le derrate veicolando eventuali microrganismi patogeni.
Allo scopo di ridurre le infestazioni dall’esterno si può intervenire in maniera preventiva applicando barriere fisiche (installando reti alle finestre, schermando le porte) e trattamenti larvicidi applicati sui possibili focolai che non è possibile eliminare o controllare diversamente. In caso di infestazioni già presenti si può intervenire con:
insetticidi abbattenti e residuali applicati sulle pareti esterne (soprattutto quelle esposte a sud),
erogatori automatici di insetticida posizionati tenendo conto delle abitudini delle mosche e delle esigenze di sicurezza degli ambienti,
trappole luminose a scarica elettrica che sfruttano il comportamento fototropico delle mosche.
La strategia più efficace è quella che integra i mezzi di prevenzione e controllo sopra riportati a seconda della tipologia di ambiente e del livello di infestazione.
Le formiche dei giardini
Le formiche sono Imenotteri sociali e presentano una diversa morfologia a seconda della casta a cui appartengono. Gli individui fertili (maschi e femmine) sono alati mentre quelli sterili (tutti femmine, dette comunemente operaie) sono atteri. In genere gli individui non alati sono caratterizzati da una costrizione tra torace apparente e addome apparente, sottolineata dalla presenza di una specie di nodo o scaglia (peziolo), o di due nodi (peziolo e postpeziolo), che permette di distinguerli dalle termiti. Le formiche dei giardini appartengono al genere Lasius (una delle specie comuni è Lasius niger), e si trovano normalmente anche in città. Le colonie di queste formiche si caratterizzano dall’essere monoginiche, cioè con la presenza di una sola regina. Questa peculiarità consente un controllo delle infestazioni più semplice e rapido. Costruiscono i loro nidi un po’ ovunque: nei marciapiedi, lungo i muri perimetrali, sotto ai pavimenti, nelle strade, nelle intercapedini, nelle canalizzazioni e nelle tubature, nelle pareti, negli alberi, nei giardini appunto, ma anche nei prati e nei boschi. La loro presenza è segnalata dalle caratteristiche montagnole di granelli di materiale eliminato dalle gallerie. La loro attività di rimozione dei granelli di terreno, sabbia, ecc. comporta dei piccoli dissesti ad esempio nelle pavimentazioni. In caso costruiscano il nido all’interno, la specie ha sempre bisogno di poter accedere all’esterno per procurarsi il nutrimento, costituito principalmente da melata di afidi e nettare dei fiori (le operaie si prendono cura degli afidi stessi accudendoli e soprattutto difendendoli dai predatori). Le formiche in generale sono molto attratte da sostanze zuccherine, per cui possono penetrare nelle case o nei locali di produzione inquinando l’ambiente e le derrate con cui vengono a contatto. Riescono a trasportare grandi quantità di cibo e a fare molta strada per raggiungerlo. Una curiosità: gli esperti stanno studiando le formiche (insieme ad altre specie sociali) perché sembra che offrano idee per migliorare i sistemi di gestione del traffico automobilistico!
Le pulci e gli animali domestici
Animali domestici come cani e gatti, ma anche conigli e galline, possono ospitare sul proprio corpo alcuni dannosi parassiti: le pulci. Appartenenti all’ordine dei Sifonatteri, sono circa 1800 le specie note, di cui una sessantina vive in Europa. La stragrande maggioranza è parassita di mammiferi, solo il 5% delle specie conosciute parassita gli uccelli. Gli adulti hanno evoluto una specializzazione veramente notevole per adattarsi perfettamente a vivere tra peli e piume. Nonostante un corpo molto piccolo, la cui lunghezza varia da 1 a 8 mm, hanno la capacità di compiere salti notevoli, fino a 30 cm in altezza. Sull’ospite camminano perfettamente a loro agio tra i peli (o le piume) perché dotate di caratteristiche morfologiche adeguate. Hanno unghie robuste per aggrapparsi ai peli, il corpo è molto stretto, schiacciato sui lati, è dotato di setole rivolte all’indietro per evitare che l’insetto scivoli o trovi ostacolo nel proseguire tra i peli. Il corpo è fortemente sclerotizzato, per questo è piuttosto difficile schiacciare una pulce. Non hanno ali, le antenne sono corte e riparate in solchi, tutte caratteristiche derivate dalla forte specializzazione verso l’ambiente in cui vivono. Non abbandonano l’ospite fino a quando questi sta per morire, solo in quel momento si ha una migrazione di massa alla ricerca di un altro corpo da cui succhiare sangue. È molto facile vedere gli adulti, mentre è decisamente più raro osservare le larve. La riproduzione delle pulci non avviene sull’ospite, le femmine depongono le uova nella tana o nella cuccia dell’animale e le fasi che precedono l’adulto si svolgono lontano da esso. Le larve che nascono dalle uova si nutrono di detriti, ma anche per loro il sangue gioca un ruolo fondamentale nell’alimentazione, tanto che alcune specie si cibano anche di escrementi degli adulti contenenti sangue non del tutto digerito e di gocce di sangue emesse dall’adulto. In presenza di pulci la prima cosa da fare è trattare, con appositi farmaci veterinari, l’animale domestico. Inoltre, considerando che le larve e le uova non si trovano sull’animale, bisogna pulire e trattare accuratamente anche i luoghi di riposo o comunque frequentati abitualmente dall’animale stesso. I formulati idonei devono esplicare un’azione abbattente/residuale in modo da intercettare sia le larve presenti sia quelle che usciranno fuori alla schiusa delle uova. E’ importante ricordare che la pulce, sia per caratteristiche morfologiche che per le sue abitudini, è un insetto difficile da eliminare e per questo motivo è opportuno effettuare trattamenti scrupolosi e programmare sempre un ritorno sul sito trattato.
Rattus norvegicus: il danno e l’impatto economico
Il ratto delle chiaviche ha notevole capacità di adattamento sia all’interno degli edifici sia all’aperto, è un eccellente arrampicatore grazie alla conformazione del piede che gli permette di arrampicarsi anche su pareti verticali purché non levigate, scava ma non è un buon saltatore. Penetra negli edifici attraverso, fori, rosicchiature, canalette di allontanamento dell’acqua (se non dotate di sifoni di sicurezza), cunicoli di fili elettrici, delle condutture termiche, idriche, passaggi dei tubi del gas, ecc. Predilige canali sulle cui rive scava le sue tane e, da queste, parte per procacciarsi il cibo all’interno dei magazzini, depositi, locali da lavorazione, fogne e discariche. Preferisce nutrirsi di semi in particolare di cereali, carne, pesce e di alcuni frutti. I danni che le infestazioni di ratti provocano sono duplici: diretti e indiretti. Si cibano di derrate e ogni individuo asporta giornalmente acqua e cibo equivalenti al 10% del suo peso corporeo. Contaminano le derrate con i loro escrementi e le urine, attraverso i quali veicolano patogeni, anche importanti, responsabili di salmonellosi, leptospirosi, trichinosi,…, nonché altri parassiti come ad esempio pulci e zecche. Le derrate inoltre vengono inquinate da peli e da carogne. Si stima che per un seme divorato, 10-15 semi vengano insudiciati e resi inutilizzabili. Notevoli sono i danni che causano con la loro azione di rosicchiamento di materiali e strutture. Quando questi avvengono su cavi elettrici, a loro molto graditi, sono causa di corti circuiti, che obbligano a interventi costosi e causano perdite considerevoli di denaro dovute ad interruzioni di produzione. Negli Stati Uniti ogni anno i danni causati da ratti ammontano a 1 miliardo di dollari! In presenza di ratti, per aumentare il tasso di mortalità all’interno della colonia, si può ricorrere a trattamenti chimici effettuati con esche rodenticide. Bisogna, però, sempre tener presente che se non si interviene anche sui fattori ambientali che ne favoriscono l’insediamento, i risultati possono rivelarsi sotto le aspettative e quasi sempre di breve durata.
Scarafaggi: inquilini indesiderati in abitazioni e non solo!
Con il termine “scarafaggio” si indicano le blatte e tra esse le specie più diffuse negli ambienti domestici e nelle industrie (Blatta orientalis, Blattella germanica, Periplaneta americana, Supella longipalpa). Sono insetti di colore scuro (bruno-nero) e di grosse dimensioni: alcune specie raggiungono i 45 mm di lunghezza. Si riconoscono facilmente per il corpo appiattito, le lunghe antenne sottili e le zampe con evidenti spine. In genere gli adulti hanno ali che coprono tutto l’addome. Le forme giovanili sono simili all’adulto, differiscono macroscopicamente per le dimensioni e la mancanza di ali. Presentano comportamenti gregari – dovuti all’emanazione di un particolare feromone chiamato “feromone di aggregazione – e in genere rifuggono la luce. Le femmine depongono le uova all’interno di strutture apposite dette ooteche. Si trovano a loro agio in parecchi ambienti: abitazioni, mense, ristoranti, bar, alberghi, ospedali e case di cura, servizi igienici, locali di produzione. Purtroppo frequentano anche fogne, tombini stradali e discariche, luoghi ricchi di microrganismi dannosi. Gli scarafaggi sono onnivori e spazzini: si nutrono di derrate alimentari vegetali e animali, materiale organico in decomposizione, carta e tessuti, in mancanza di cibo diventano cannibali, ma riescono anche a sopportare il digiuno. In bibliografia sono segnalati problemi negli ospedali dove di notte la blatta dei mobili esce dai suoi rifugi per nutrirsi di fluidi corporei. I responsabili del danno sono sia le forme giovanili, sia gli adulti. Ma i danni diretti sono rilevanti se confrontati con quelli indiretti: gli scarafaggi insudiciano gli ambienti e le derrate (che diventano inutilizzabili) con organismi patogeni, insetti morti, escrementi, sostanze rigurgitate e molto altro. Non solo: sono anche responsabili dell’insorgenza di allergie.
Zanzare: l’importanza di effettuare trattamenti combinati larvicidi-adulticidi
I benefici dell’arrivo della bella stagione sono certamente moltissimi, ma … vi è il rovescio della medaglia: anche le zanzare apprezzano i mesi estivi e proliferano negli stessi ambienti dove l’Uomo vive, con un velocità impressionante. Basti pensare che, ad alte temperature, le zanzare sono in grado di portare a termine ben 17 generazioni, in effetti in piena estate certe specie compiono l’intero ciclo in una settimana! Le femmine hanno bisogno di un pasto di sangue per la maturazione delle uova, pertanto sono attirate da animali a sangue caldo su cui nutrirsi, l’Uomo in primis, ma vengono punti anche animali domestici come cani, cavalli,…. I maschi non pungono e si nutrono di liquidi zuccherini. Eravamo abituati a considerare le zanzare un problema delle ore serali, in realtà negli ultimi tempi con l’introduzione accidentale di nuove specie (la zanzara tigre, ad esempio) non c’è modo di sfuggire alle loro punture neanche nelle ore diurne. Gli adulti adorano i giardini, i sentieri e i parchi dove trovano frescura e ombra tra la vegetazione, ma ultimamente si trovano in abbondanza anche in zone meno ombrose come i parcheggi, le piazze assolate e le ampie aree delle zone industriali. Inoltre, attirate dalla presenza di esseri umani, penetrano nelle abitazioni e rendono insonni le notti degli occupanti. Il ciclo vitale della zanzara è indissolubilmente legato all’acqua: uovo, larva e pupa vivono in essa. I cittadini vengono in contatto con gli adulti e spesso sottovalutano l’importanza che l’acqua riveste per questi insetti; ne bastano pochi ml per permettere alla zanzara di proliferare e ogni cavità anche piccola, in grado di contenerne un po’, è idonea per la deposizione delle uova. Le cavità in cui può ristagnare l’acqua sono veramente molteplici e spesso non a tutte si presta la dovuta attenzione: in un cortile di casa le zanzare possono svilupparsi nei sottovasi, annaffiatoi, secchi e bacinelle, anfore e rocce ornamentali, abbeveratoi per animali, tombini pluviali, grondaie otturate, laghetti artificiali. In altri ambienti i rifiuti abbandonati presentano parecchie cavità in cui ristagna l’acqua; lattine, bottiglie, barattoli, teli di plastica, bicchieri, pneumatici usati, …. Nei piazzali delle aziende macchinari dismessi, contenitori di vario genere, imballaggi, teli di plastica che ricoprono materiali e ogni altro spazio che può contenere acqua rappresentano fonti di infestazione. Se si considera che oltre alle fastidiose punture le zanzare trasmettono malattie serie per la salute dell’Uomo e per alcuni animali domestici ecco che la prevenzione e la lotta diventano indispensabili. La prevenzione si effettua eliminando tutti i ristagni e, se per alcuni diventa un po’ difficile, sicuramente per la maggior parte si può fare: serve solo un po’ di attenzione. Non è necessario rifiutarsi di annaffiare le piante per evitare l’acqua nei sottovasi, basta svuotarli spesso e cambiare spesso l’acqua in tutti quei contenitori dove è necessario tenere il prezioso liquido in continuazione. Inoltre per un’efficace lotta è necessario che tutti, pubblico e privato, agiscano correttamente e all’unisono sia con il contenimento delle larve sia con i trattamenti adulticidi, altrimenti si otterrà sì un abbassamento della popolazione ma si avranno sempre focolai in cui le zanzare prolificano. I trattamenti contro le larve devono essere effettuati in tutti i possibili focolai (tombini, caditoie, sottovasi, laghetti e raccolte varie di acqua). I formulati disponibili sono diversi, sia naturali sia di sintesi. Dopo aver attuato tutte le possibili azioni di prevenzione, è opportuno valutare attentamente quali possano essere le conseguenze di un trattamento sull’ambiente circostante e seguire le indicazioni riportate in etichetta. I trattamenti adulticidi devono essere effettuati solo se effettivamente necessari (presenza di numerose zanzare adulte o necessità di bonificare un ambiente). E’ opportuno impiegare prodotti abbattenti e compatibili con gli ambienti trattati, avendo cura di utilizzare idonee attrezzature così da ottimizzare i risultati dell’intervento.
TOPI E RATTI: caratteristiche reali e falsi miti
Topi e ratti sono mammiferi, quindi animali a sangue caldo, appartenenti all’Ordine Rodentia, diffusi in ogni angolo della Terra. Alcune specie, dette sinantrope, vivono a stretto contatto con l’uomo e alle sue attività dalle quali traggono sostentamento e rifugio. Tale vicinanza, da sempre fastidiosa per l’uomo, ha creato un forte interesse verso questi roditori e nei secoli è stata causa di leggende e credenze popolari. Ancora oggi è molto facile sentire storie su topi e ratti, esseri che sempre trasmettono un fascino magico e inquietante.
La leggenda dei topi “assaggiatori”
L’idea che all’interno di una colonia ci siano degli individui disposti a “sacrificarsi” assaggiando il cibo prima dei capi colonia (in modo analogo a quanto avveniva, nei secoli passati, nelle corti europee, quando il timore di avvelenamenti criminosi, soprattutto a danno dei sovrani, rendeva necessaria l’esistenza di assaggiatori) affascina da sempre l’opinione pubblica. In realtà ciò non avviene, e alcuni comportamenti sono spiegati dagli equilibri interni della popolazione, dove troviamo le femmine con i piccoli, i maschi dominanti e i maschi subordinati. Questi ultimi non avendo un facile accesso alle risorse alimentari, sono costretti a una spasmodica ricerca di cibo o ad accettare quanto scartato dai dominanti. La presenza di esche rodenticide, specie se di recente introduzione, spesso diventa la loro unica possibilità di nutrimento trasformandoli, di fatto e loro malgrado, in presunti “assaggiatori”.
Il sesto senso dei topi
A topi e ratti viene riconosciuta una sorta di intelligenza che permette di andare oltre il loro istinto. Ad esempio, si pensa che possano rifiutare il cibo toccato dall’uomo o che possano evitare un erogatore perché percepiscono che è stato collocato lì da un nemico. In realtà non vi è alcun nesso tra l’odore lasciato dall’operatore e il fatto che il posizionamento dell’esca non funzioni. La raccomandazione è sempre quella di usare dei guanti per maneggiare le esche rodenticide ma esclusivamente per la sicurezza dell’operatore, non per “ingannare” i topi.
Prendere i topi per la gola
Topi e ratti sono animali dall’olfatto molto sviluppato e il gusto sembra essere un senso altrettanto importante. Alcuni operatori, però, vantano una vasta conoscenza dei gusti e delle preferenze “gastronomiche” dei topi. Da ciò nascono diversi confronti riguardo all’appetibilità delle esche rodenticide e la loro distinzione tra “buone” e “cattive”.
È bene ricordare che l’appetibilità di un’esca è sempre correlata alla competizione alimentare presente sul sito di intervento, tanto che ogni tipo di esca può dare risultati imprevedibili in presenza di altre fonti di cibo. Probabilmente, il gusto più efficace è quello che si avvicina maggiormente alla tipologia di cibo abitualmente consumato in un determinato ambiente.
La “forza” degli ultrasuoni
Un altro senso ben utilizzato dai roditori è l’udito, tanto da far ritenere che l’impiego di ultrasuoni riesca ad allontanarli da un ambiente. Le prove effettuate hanno dimostrato che questo sistema è in grado di rallentare l’attività delle popolazioni nei primi due giorni, ma successivamente si riscontra un ritorno alle condizioni di normalità. In questo caso ad avere la meglio è la capacità di adattamento di questi animali che non hanno problemi ad “abituarsi” alla presenza di questi suoni fastidiosi.
Morte “solitaria”
Sono in molti a credere anche che topi e ratti, una volta ingerita un’esca rodenticida, si isolino per morire fuori dagli edifici. Su questo non vi è nessuna prova scientifica e i ritrovamenti non permettono di capire il comportamento di un roditore intossicato. Alcuni, infatti, vengono ritrovati all’interno del proprio rifugio, altri non vengono ritrovati affatto. A queste osservazioni si aggiunge la difficoltà nel censire le popolazioni numericamente rendendo queste conclusioni approssimative e prive di fondamento scientifico.
Topi e ratti sporchi?
Infine, tutti pensano che topi e ratti siano animali sporchi. In realtà presentano una spiccata propensione alla pulizia e dedicano normalmente del tempo alla cura del loro corpo. Purtroppo, una volta che si insediano nei luoghi antropizzati, i rischi per la salute dell’uomo e di altri animali derivano dall’alta probabilità di “raccogliere” batteri e altri patogeni, o di diventare vettori di insetti fastidiosi e talora almeno potenzialmente pericolosi.
Ratti: come riconoscere le specie dai segni
Le due specie di ratti comuni in Italia, sia in campagna sia in città, sono: Rattus norvegicus e Rattus rattus. Sono onnipresenti in qualsiasi posto in cui vi sia un’attività umana.
Pur trattandosi di Roditori, come il criceto e il castoro, posseggono un fascino ben diverso. Rosicchiano di tutto, abbandonano escrementi puzzolenti ovunque e, come se non bastasse, trasmettono malattie. Essendo onnivori, non sono molto esigenti in fatto di cibo che reperiscono negli ambienti più disparati. Sono animali abitudinari e tendono a utilizzare gli stessi percorsi.
Hanno la fobia delle cose nuove, sono molto sospettosi verso qualsiasi elemento introdotto nel loro ambiente.
Gli ambienti infestati dai ratti sono decisamente un bel problema, anche perché si tratta di avere a che fare con animali intelligenti, guardinghi e per impostare un piano di lotta è necessario utilizzare accorgimenti fini, pena il fallimento del piano stesso.
Nelle aree che frequentano, oltre a causare danni, lasciano parecchie tracce: escrementi, macchie e, in posti polverosi, anche impronte.
Questi segni ci danno informazioni circa la specie e ci aiutano nella definizione del piano di lotta.
- Escrementi: entrambe le specie producono 40-50 pellet al giorno. Gli escrementi di R. norvegicus sono lunghi in media 2 cm (anche se c’è parecchia variabilità nelle dimensioni), sono di forma rettangolare con le estremità arrotondate, e si rinvengono in piccoli gruppi. In R. rattus i pellet sono più corti (1,2 cm di lunghezza), hanno una forma curva con le estremità appuntite e si trovano sui sentieri di passaggio in ordine sparso.
- Macchie: le pareti lungo le quali si spostano risultano sporche del loro grasso dovuto alla loro necessità di contatto con una superficie (tigmotattismo).
- Impronte: individuabili su superfici polverose sono ampie e aperte e si distinguono agevolmente da quelle del topolino domestico, mentre la distinzione tra le due specie di ratti è più difficile.
Un altro elemento distintivo, su cui può essere più facile porre attenzione in caso di avvistamento diretto, è la lunghezza della coda. Nel R. norvegicus si presenta più corta del corpo, mentre R. rattus più lunga, poiché viene utilizzato come bilanciere per gli spostamenti acrobatici nelle parti alte di piante ed edifici.
L’impostazione di un piano di controllo, oltre a tener presente le caratteristiche delle due specie, non può mai limitarsi al solo aumento della mortalità (impiego di esca rodenticida), ma deve sempre prevedere azioni che mirino all’abbassamento della “capacità portante dell’ambiente”, quindi ad una corretta gestione delle risorse alimentari e a buone pratiche di esclusione.
Lo sfarfallamento dei coleotteri xilofagi nelle nostre abitazioni
I Coleotteri xilofagi sono insetti che si nutrono di legno e possono talvolta visitare le nostre abitazioni, provocando degli ingenti danni.
Appartengono a diverse famiglie quali Lictidi, Anobidi, Curculionidi e Cerambicidi.
In Italia sono presenti parecchie specie di Anobidi in grado di danneggiare il legno in opera. Le larve attaccano sia legno di latifoglie sia di conifere, da cui traggono nutrimento perché sono in grado di digerire la lignina e la cellulosa, grazie alla presenza nel loro intestino di microrganismi simbionti quali funghi, protozoi e batteri. Questa simbiosi permette agli Anobidi di nutrirsi anche di legno secco molto vecchio, in cui oramai amido e zuccheri sono del tutto scomparsi. In genere la loro presenza viene rilevata dall’osservazione di rosume fuoriuscito dalle gallerie, che si accumula sui pavimenti e su altri ripiani. Negli ambienti dove sono presenti manufatti in legno, siano essi mobili, cornici, travi e travetti è opportuno porre attenzione alla eventuale presenza di questo rosume, sempre facilmente visibile in particolar modo da chi effettua le pulizie.
Gli adulti compaiono a primavera, a seconda delle condizioni ambientali e dell’andamento stagionale, sono insetti di colore scuro uniforme e di piccole dimensioni (3-8 mm di lunghezza), poco attivi, e in genere passano inosservati. Talvolta, attratti dalla luce, in volo si portano anche sui vetri di finestre o su tendaggi di colore chiaro, dove possono essere notati.
Le condizioni microclimatiche dell’ambiente domestico influiscono sullo sviluppo larvale di questi insetti. In generale, ambienti con elevata umidità relativa, che si ritrovano ad esempio in certe case di campagna o in ambienti lasciati chiusi durante i mesi autunno-invernali, il legno risulta più appetibile e più facilmente aggredibile. In questi casi è favorito lo sviluppo delle larve con numerose pullulazioni, che si manifestano con i caratteristici fori di sfarfallamento e con abbondante rosume ai piedi della struttura infestata.
Le specie più comuni sono il cosiddetto “tarlo dei mobili”, Anobium punctatum, e Oligomerus ptilinoides, di dimensioni maggiori rispetto al primo (3,5 – 4 mm di lunghezza il maschio, 5 – 6,5 mm di lunghezza la femmina). Questi tarli sono molto dannosi sia per le strutture lignee portanti che per i manufatti. Le larve attaccano generalmente l’alburno (parte esterna del legno) e scavano gallerie di non più di 4-5 cm di profondità che possono causare anche danni statico-strutturali. Infatti, in caso di manufatti di dimensioni ridotte, l’attività delle larve può interessare tutto lo spessore dell’oggetto compromettendone la stabilità in maniera rischiosa. Il pericolo del non notare la presenza di rosume o degli adulti sfarfallanti in primavera, permette all’infestazione di diffondersi, anche se lentamente, agli altri elementi lignei presenti.
PREVENIRE E INDIVIDUARE L’INSORGENZA DI INFESTAZIONI
Il primo e più semplice controllo può essere attraverso l’osservazione visiva, cercando l’eventuale presenza di adulti in prossimità delle finestre.
Per una ricerca più approfondita è possibile ricorrere alla fototropicità degli adulti, cioè la caratteristica che li porta, nella fase di volo, verso le fonti luminose o chiare presenti nell’ambiente infestato. In questo caso, per effettuare il monitoraggio è sufficiente impiegare delle trappole con cartoncini collanti, di colore bianco.
Come in ogni azione di monitoraggio, trovare individui adulti attaccati alla colla, ci permette di poter intervenire rapidamente prima che l’infestazione possa allargarsi ad altri supporti lignei.
Infine è possibile effettuare il classico trattamento con un prodotto insetticida a protezione delle superfici lignee. Questo consiste solitamente nella spennellatura di un formulato con caratteristiche di residualità e persistenza nel tempo (solitamente contenente permetrina), che verrà assorbito dallo strato superficiale del legno (mai superiore a un paio di millimetri).
Per questo motivo il trattamento di spennellatura viene considerato di tipo protettivo/preventivo e non curativo, in quanto crea una barriera che impedisce nuove ovideposizioni.
Va ricordato, inoltre, che i trattamenti impregnanti sono limitati alle superfici non decorate e al legno grezzo che, per nostra fortuna, risultano essere quelle a maggior rischio.